Cenni di ortografia e di grammatica
Onorando quanto annunciato nella introduzione sperimenterò nelle prossime pagine un metodo breve di insegnamento del modo più corretto di scrivere in siciliano, metodo già messo a punto per corsi e seminari ma, sino a qui, applicato in conversazioni mai relazionate e prive di dispense da potere poi raccogliere in sinossi. Vero è che nel 1996 avevo compendiato per l’editrice “Thule”, in tredici lezioni, un opuscoletto di regole ortografiche dal titolo “Lizioni di beddu skriviri n’sicilianu”, ma è anche vero che l’ulteriore approfondimento della materia fatta con lo strumento che appena un anno prima avevo ideato, ossia l’Associazione culturale “Kademia du Krivu”, conduceva vieppiù a necessarie revisioni e perfezionamenti tesi a meglio potere raggiungere il fine prefissomi: una koinè scritturale della lingua siciliana.
Su questo verte anche la mia docenza all’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo nelle cattedre “Storia della Sicilia” e “Etnologia e Glottologia siciliana.”
Con lo stesso spirito dei miei citati trascorsi mi accingo, oggi, a tale difficile compito, nella consapevolezza che non c’è nulla di immutabile e che tutto è un continuo divenire. Questa regola universale vale, ovviamente, anche nel caso del linguaggio parlato e scritto di un popolo.
Comincio con il precisare che la lingua siciliana, cosi come un tempo si era avvalsa delle lettere dell’alfabeto greco, già da alcuni secoli si avvale delle lettere dell’alfabeto italiano. Ciò a dispetto della possibilità di adottare un proprio alfabeto ricorrendo ai segni grafici anticamente usati dai propri intellettuali per esprimere fonemi tipici e caratterizzanti del parlato corrente.
Una volenterosa ricostruzione in tal senso conduce alla scoperta di ben trentasei segni nella sua ideale “tavola grafica” a fronte di altrettanti suoni con cui si può al momento definire la “tabella fonica” siciliana riportata anche dalla rivista “Tavi” del “Lions Club” (numero unico 2019-2020).
Essa è iniziata con delibera della “Kademia du Krivu” n. 12/26-07-1995 ed è poi proseguita con le Delibere n. 15/24-08-1995 e n. 18/20-09-1995, con la “Prefazione” al mio Dizionario etc. per il corso di “Glottologia” 2006/2007 (tenuto all’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo), per poi completarsi con la comunicazione ufficiale alla palermitana Università Popolare “Leonardo da Vinci” il 09-04-2018 (prot. N. 332/U.P.) e il 01-04-2019 (prot. N. 341/U.P.), passaggi tutti riepilogati con Verbale N. 42/02-04-2019 della kademia stessa.
Evito di fornire indicazioni relative alle opere degli autori da cui ho attinto ammaestramenti culturali tali da darmi la forza di sostenere questa mia tesi, così come evito di citare personalità del mondo letterario che hanno condiviso e plaudito alle scelte da me adottate; preferisco, viceversa, iniziare da subito con l’analisi dell’uso nella scrittura in lingua siciliana di quei segni grafici che fanno la differenza rispetto alla lingua italiana ripromettendomi di passare, nella seconda fase, ad esempi pratici di scrittura attraverso un confronto diretto tra proverbi e filastrocche scritte in siciliano-tradizionale e in siciliano-Krivu.
Come deliberato dalla Kademia du Krivu su mia proposta, un segno grafico molto distintivo della lingua siciliana è la lettera “k” usata per trascrivere il suono della “c dura” (esempio: casa = kasa). Ne deriva che la “c dolce” di “cena” mantiene in siciliano la lettera “c”. Viceversa, allorchè la “c” diventa tanto dolce da scivolare nel suono “sc” la lingua siciliana adotta la lettera “x”. A ritroso, sia la “x” che la “c” racchiudono nella loro pronuncia la vocale “i” tanto da potere codificare che in siciliano “x” sta per “sci dolce” e “c” sta per “ci”; esempio: sciuri (it: ciuri) = xuri e ciau = cau. C’è poi la “sc” che sta per “sci dura”; esempio: kuscinu = guanciale, kuxinu = cugino. Per non ingenerare confusione, questa distinzione di “x” e “sc” la si adotta solamente quando un vocabolo con significato diverso solo per pronuncia rischierebbe di essere scritto allo stesso modo; negli altri casi tutte le “sci”, sia “dolci” che “dure”, vanno trascritte sempre con “x”.
La “K”, invece, nella scrittura siciliana sostituisce non solo, come si è detto, la “c” dura, ma anche la “ch”, la “cch”, la “q”, la “cq” e la “qq”; esempio: chi =ki, acchì = akì, quattru = kuattru, acqua = akua e suqquatru = sukuatru. Semplificando, dove in italiano ci sono sei segni grafici diversi per lo stesso suono, in siciliano ce n’è solo uno (la “k”), dove in italiano c’è un solo segno grafico per tre suoni diversi (casa, cena, ciuri) in siciliano ce ne sono tre, uno per ciascun suono: kasa, cena, xuri.
Passando, adesso, al gruppo dei segni grafici siciliani legati alla lettera “g”, posso serenamente affermare che questa lettera, il cui uso in italiano copre la pronuncia “g dura” di “guaio” e quella della “g dolce” di “giungla”, in siciliano esprime solamente quella della “g dura” di “rigu” (plurale rigi) in quanto per la “g dolce” si adotta la lettera “j” (esempio: jugnu). Aggiungo che la “g” siciliana, quando si accompagna alla “h” o alla “n”, identifica un suono particolare che, come la “c”, la “ch” e la “x”, comprende la “i”: “gh” = “gh(i)”; “gn” = “gn(i)”. Anche la pronuncia della “j”, è qui il caso dire, comprende la “i”: “j(i)”.
Riassumendo, sono quindi sette i segni grafici dell’alfabeto siciliano in cui si legge nella pronuncia, anche se non scritta, la vocale “i”: “c”, “ch”, “x”, “sc”, “gh”, “gn” e “j”. Eccezione alla regola, a parte la “j”, nei sei rimanenti segni di cui si è detto la “i” va scritta quando questa non fa parte di un dittongo; esempio: Scicli = Xikri (va scritta), Sciacca = Xakka (non va scritta). Va ancora scritta, sempre meno che per la “j”, quando si trova a fine vocabolo; esempio: spinaci = spinaci (va scritta), oji = oj (non va scritta).
Continuando ad esaminare le lettere dell’alfabeto siciliano, dopo le “c”, “ch”, “k”, “x”, “sc”, “g”, “gh”, “gn” e “j”, qui ricordo che cinque sono le vocali (a, e, i, o, u,) ma che due di queste si trasformano, allorchè accentate, da “e” ad “i” e da “o” ad “u”; esempio: affettu -> afiziunatu; kunkordi -> kunkurdanza.
Come si è potuto già notare, in siciliano la “l” cede spesso il posto alla “r” (alba = arba). Si evidenzia poi che, contrariamente a quanto si può credere, non è gradito in generale il raddoppio visivo delle consonanti perchè si tende “naturalmente” a rafforzarne il suono; un esempio per tutti: Roma si pronuncia come se fosse Rrroma anche se di “r” ce nè solo una.
Altra specificità immediata del suo alfabeto è la “h” la quale, a parte la sua presenza nelle combinate “ch” e “gh” per esprimere suoni tipici della lingua siciliana (quello di ch(i) ach(i) ariata e di ajgh (i) ata, per capirci), la si usa solo nelle esclamazioni di meraviglia, stupore, dolore, ecc. (ah, oh, ahi, ecc.).
La “q”, invece, semplicemente non esiste perché non si usa affatto essendo il suono di questa lettera espresso con la “k”.
Prima di passare all’excursus degli altri venti segni grafici dell’alfabeto siciliano – sino a qui ne abbiamo esaminati sedici – e visto che se ne è già casualmente accennato, mi piace dire subito quali sono i suoni tipici della lingua siciliana sui quali, ovviamente, avrò modo di ritornare spesso:
“c”, “ch”, “k”, “x”, “dd”, “dr”, “g”, “gh”, “gn”, “j”, “ng”, “ngr”, “sc”, “sk”, “sgr”, “str”, “tr”, “zz”. La “sgh” è invece una simplice combinazione di “s” + “gh” e non fa “lettera”.
Tornando alle lettere dell’alfabeto tolgo subito di mezzo le seguenti nove in quanto non differiscono, per pronuncia, dalle corrispettive della lingua italiana:
b, f, m, n, p, r, s, t, v. Parimenti non dico altro, perché già esplicato in precedente capitolo, delle “tipiche” sette: “dr”, “ng”, “ngr”, “sk”, “sgr”, “str”, “tr”.
Resta da dire del gruppo “d” – “dd” e del gruppo “z”- “zz” prima di passare agli articoli determinativi e indeterminativi, alle preposizioni e ai pronomi.
Per quanto concerne il segno grafico “dd”, questo non è il raddoppio della lettera “d”, la quale resta singola sia che riguardi la “d” di “dannu” che la “d” di adintikari; è, bensì, segno grafico a se stante ed esprime la pronuncia tutta siciliana di “iddu”, “nuddu”, “ddoku”, ecc.
La stessa cosa dicasi per il segno grafico “zz” il quale si usa per la pronuncia specifica di “zzappa”, “zzukku”, “azzumpari”, ecc., mentre la lettera “z” vale per “azizari”, “zanni = zingari”, ecc.
Ho così completato il quadro dei trentasei segni grafici dell’alfabeto siciliano che qui di seguito riepilogo:
a, b, c, ch, k, x, d, dd, dr, e, f, g, gh, gn, j, h, i, l, m, n, ng, ngr, o, p, r, s, sc, sk, sgr, str, t, tr, u, v, z, zz.
Di questi 36 segni convenzionali della “tavola grafica” siciliana, corrispondenti alla “tabella fonica” con la quale si riassumono i suoni della lingua siciliana, 5 sono vocali (a, e, i, o, u), 6 sono semiconsonanti (c, ch, x, sc, gh, gn), 1 è semivocale (j), 1 è muta (h) e i rimanenti 23 sono consonanti.
Ciascuno dei 36 foni è seguito da un vocabolo a mo’ di esempio e tutti quanti vengono letti con la giusta pronuncia dallo stesso prof. Provitina nel capitolo “Ascolta il siciliano“:
a – akula, b – babbu, c – cena, ch – chesia, k – kasa, x – xara, d – disa, dd – ddoku, dr –dragunara, e – ebika, f – funca, g – gaja, gh – ghommaru, gn – gnuttikari, j – jarra, h – (non ha pronunzia), i – ittari, l – lampa, m – marju, n – naka, ng – ngattunari, ngr – ngridda, o – ochu, p – parrinu, r – raja, s – sarma, sc – scara, sk – skaliari, sgr – sgriddari, str – stramanu, t – tisu, tr – trenu, u – unni, v – vespa, z – zanna, zz – zzappa
Segue ora la “Tabella” completa dei segni grafici con indicazione I.P.A. per luogo, modo e grado (da F.M. Provitina).
MAIUSCOLO | MINUSCOLO | LETTURA IN I.P.A. |
A | a | centrale basso aperto |
B | b | bilabiale occlusivo sonoro |
C | c | anteriore palatale affricato sordo |
CH | ch | palatale affricato sordo |
K | k | velare occlusivo sordo |
X | x | palatale fricativo sonoro |
D | d | dentale occlusivo sonoro |
DD | dd | palatale retroflesso occlusivo sonoro |
DR | dr | dentale retroflesso occlusivo sonoro |
E | e | anteriore medio-alto /-basso semi-chiuso /-aperto |
F | f | labiodentale fricativo sordo |
G | g | velare occlusivo sonoro |
GH | gh | palatale affricato sonoro |
GN | gn | palatale nasale sonoro |
J | j | anteriore palatale affricato sonoro |
H | h | laringale fricativo |
I | i | anteriore alto chiuso |
L | l | dentale laterale |
M | m | bilaterale nasale sonoro |
N | n | dentale nasale sonoro |
NG | ng | velare retroflesso nasale sonoro |
NGR | ngr | velare arretrato nasale sonoro |
O | o | posteriore medio-alto /-basso semi-chiuso /-aperto |
P | p | bilabiale occlusivo sordo |
R | r | dentale vibrante |
S | s | dentale fricativo sordo |
SC | sc | palatale fricativo sordo |
SK | sk | palatale retroflesso fricativo sordo |
SGR | sgr | palatale retroflesso fricativo sonoro |
STR | str | dentale fricativo sonoro |
T | t | dentale occlusivo sordo |
TR | tr | dentale retroflesso occlusivo sordo |
U | u | posteriore alto chiuso |
V | v | labiodentale fricativo sonoro |
Z | z | dentale affricato sonoro |
ZZ | zz | dentale affricato sordo |
Articoli e preposizioni articolate
Ho appena completato l’informazione relativa alle lettere dell’alfabeto siciliano, rinviando la parte riservata alla grammatica al fine di sottoporre le nozioni dispensate all’approfondimento dei lettori. Tornando al discorso, per quanto riguarda gli articoli determinativi, dico subito che tra le forme in uso è stata scelta du Krivu quella della massima contrazione (la più diffusa) in quanto allontana dal medioevalismo e proietta la lingua in un modernismo pure sollecitato dai moderni mezzi di comunicazione.
Sempre partendo dall’italiano, “il” e “lo”, prima tradotte con “lu”, diventano “u”; “la” diventa “a”; “i”, “gli” e “le”, prima tradotte con “li”, diventano “i”.
Gli articoli indeterminativi “un”, “uno” e “una”, diventano “un” o “nu”, a seconda della parola che segue (esempio: un tali e non nu tali), e “na”; la stessa cosa allorché sono usati come numerali (esempio: un kristianu / nu xekku; na penna).
Delle preposizioni si può dire che quelle articolate subiscono una forte contrazione soprattutto per cogliere la tendenza di avvicinare sempre più la lingua scritta a quella parlata: Esempi:
-it. a la / alla = sic. alla = ala = a la = a a = a = â
(per distinguerla da “a” articolo determinativo singolare femminile);
-it. a lo / allo = sic. allu = alu = a lu = a u = o = ô
(per distinguerla da “o” congiunzione);
-it. a le / alle = sic. alli = ali = a li = a i = e = ê
(per distinguerla da “e” congiunzione); con questa traducendo anche a gli;
-it. con la / colla = sic. kulla = kula = ku la = ku a = ka = kâ
(per distinguerla da “ka” congiunzione);
-it. con lo / collo = sic. kullu = kulu = ku lu = ku u = ku = kû
(per distinguerla da “ku” preposizione semplice);
-it. con le / colle = sic. kulli = kuli = ku li = ku i = ki = kî
(per destinguerla da “ki” aggettivo), con questa traducendo anche con gli;
-it. da la / dalla = sic. dilla = dila = di la = di a = da
(non confondere con “da” preposizione semplice-di luogo in quanto questa in siciliano diventa “di”. Esempio: vinni di Missina);
-it. da lo / dallo = sic. dillu = dilu = di lu = di u = du;
-it. da le / dalle = sic. dilli = dili = di li = di i = di = dî
(per distinguerla da “di” preposizione semplice), con questa traducendo anche da gli;
-it. ne la / nella = sic. nalla = nala = na la = na a = na = nâ
(per distinguerla da “na” aggettivo);
-it. ne lo / nello = sic. nallu = nalu = na lu = na u = no = nô
(per distinguerla da “no” proposizione negativa);
-it. ne le /nelle = sic. nalli = nali = na li = na i = ne = nê
(per distinguerla da “ne” congiunzione), con questa traducendo anche ne gli;
-it. per la / pella = sic. pilla = pila = pi a = pi a = pa;
-it. per lo / pello = sic. pillu = pilu = pi lu = pi u = pu;
-it. per le / pelle = sic. pilli = pili = pi li = pi i = pi = pî
(per distinguerla da “pi” preposizione semplice), con questa traducendo anche per gli.
Pronomi e altro
La stessa cosa vale per i pronomi. Esempi:
-it. me la / mella = sic. milla = mila = mi la = mi a = ma = mâ
(per distinguerlo da “ma” congiunzione);
-it. me lo / mello = sic. millu = milu = mi lu = mi u = mu = mû
(per distinguerlo da “mu” verbo);
-it. me le / melle = sic. milli = mili = mi li = mi i = mi = mî
(per distinguerlo da “mi” pronome personale), con questo traducendo anche me li;
-it. te la / tella = sic. tilla = tila = ti la = ti a = ta;
-it. te lo / tello = sic. tillu = tilu = ti lu = ti u = tu = tû;
(per distinguerlo da “tu” pronome personale);
-it. te le / telle = sic. tilli = tili = ti li = ti i = ti = tî
(per distinguerlo da “ti” pronome personale), con questo traducendo anche te li;
-it. se la / sella = sic. silla = sila = si la = si a = sa
(non confondibile con “sa” verbo in quanto questo in siciliano diventa “sapi”);
-it. se lo / sello = sic. sillu = silu = si lu = si u = su
(non confondibile con “su” avverbio di luogo in quanto questo in siciliano diventa “susu” o “supra”);
-it. se le / selle = sic. silli = sili = si li = si i = si = sî
(per distinguerlo da “si” pronome riflessivo), con questo traducendo anche se li;
-it. ce la / cella = sic. cilla = cila = ci la = ci a = ca;
-it. ce lo / cello = sic. cillu = cilu = ci lu = ci u = cu;
-it. ce le / celle = sic. cilli = cili = ci li = ci i = ci = cî
(per distinguerlo da “ci” pronome personale), con questo traducendo anche ce li;
-it. ve la / vella = sic. villa = vila = vi la = vi a = va = vâ
(per distinguerlo da “va” verbo);
-it. ve lo / vello = sic. villu = vilu = vi lu = vi u = vu;
-it. ve le / velle = sic. villi = vili = vi li = vi i = vi = vî;
(per distinguerlo da “vi” pronome personale), con questo traducendo anche ve li.
Si è già avuto modo di vedere che l’accento circonflesso è molto utilizzato per indicare la fusione di due vocali, e ciò vale anche quando queste sono simplicemente contenute in un vocabolo. Esempio: sdillinii = sdillinî; piità = pîtà; ecc.
Infine, quando la preposizione semplice “in” si trova nella possibilità di essere attaccata alla parola che segue, tipo eni in kasa, vi si elide la “i” come pronuncia vuole e, per non lasciare senza stampella la sola consonante, la “n” si unisce al vocabolo con un apostrofino di unione (che è anche di elisi se si pensa a “in” come “nâ”, ecc.): eni n’kasa.
Con il corredo di nozioni sino a ora fornito, ritengo sia giunto il momento di cominciare a parlarci in siciliano (partendo dalla trascrizione di proverbi, filastrocche, ecc.;) nelle due forme skritturali: quella tradizionale e quella du Krivu, ovvero quella che utilizza l’alfabeto italiano e quella che utilizza l’alfabeto “possibile” siciliano.
Nsumma, dopu a grammatika, l’asircizi ka kunnucu, tantu pi aviari u diskursu, nê prossimi pajni.
Prima, però, voglio informare che fiore all’occhiello della Kademia du Krivu è l’avere fatto celebrare in lingua siciliana, sino a oggi, un Vespro e ben sei Sante Messe: uno + due alla parrocchia San Carlo Borromeo di Palermo, due al carcere dei Pagliarelli di Palermo, una alla parrocchia Maria SS. Annunziata di Trappeto, una alla cattedrale di Nicosia.